In un mercato complesso in continua evoluzione sempre più spesso si parla di resilienza. Ma cosa vuol dire resilienza?
In termini generali, la resilienza può definirsi come la capacità di un sistema di adattarsi al cambiamento, per lo più inteso come evento almeno potenzialmente traumatico. Nel risk management, in particolare, la resilienza è la capacità intrinseca di un sistema di modificare il proprio funzionamento prima, durante e in seguito ad un cambiamento o ad un perturbazione, in modo da poter continuare le operazioni necessarie sia in condizioni previste che in condizioni impreviste.
La resilienza organizzativa ci dà indicazioni sulle capacità adattive che consentono a una organizzazione di rispondere al cambiamento in modo efficace, di superare eventi negativi e traumatici al fine di perseguire un adattamento alle richieste dell’ambiente, resistendo con successo a situazioni avverse e imparando così a sviluppare competenze organizzative a partire dalle difficoltà, sia di fronte a cambiamenti (change management) sia davanti ad agenti stressanti di vario tipo (risk management).
La resilienza organizzativa può essere vista semplicemente come “capacità di rimbalzo”, oppure come una qualità che va al di là del semplice “ripristino” per includere lo sviluppo di nuove capacità e nuove opportunità. In quest’ultima accezione un’organizzazione resiliente non solo riesce a sopravvivere, ma è in grado di anticipare, essere preparata e rispondere in modo adeguato ai cambiamenti, cogliendo le opportunità per poter progredire in un ambiente dinamico.
Essere resiliente per un’organizzazione diventa quindi un obiettivo, e se vogliamo, un obbligo sotto il profilo strategico per poter crescere e prosperare negli anni, adottando best practice collaudate all’interno di ogni processo e realizzando una crescita del business attraverso il consolidamento delle competenze in ogni ambito.
Uno dei requisiti essenziali perché un’organizzazione possa definirsi resiliente è senza dubbio l’affidabilità dei suoi processi, che, unitamente all’eccellenza del prodotto e al comportamento del “capitale umano”, sviluppa un senso di fiducia e crea relazioni solide e di lungo termine con gli stakeholder.
I principali domini della resilienza sono essenzialmente tre: quello dell’informazione, quello del supply chain e quello delle attività operative. Creare processi affidabili in questi tre ambiti contribuisce in maniera significativa al raggiungimento della resilienza, intesa non come concetto di mera gestione del rischio, ma come valore che guida l’organizzazione, – nell’ottica di una visione più olistica di successo del business a lungo termine.

Lo Staff di PME

In un mercato complesso in continua evoluzione sempre più spesso si parla di resilienza. Ma cosa vuol dire resilienza?
In termini generali, la resilienza può definirsi come la capacità di un sistema di adattarsi al cambiamento, per lo più inteso come evento almeno potenzialmente traumatico. Nel risk management, in particolare, la resilienza è la capacità intrinseca di un sistema di modificare il proprio funzionamento prima, durante e in seguito ad un cambiamento o ad un perturbazione, in modo da poter continuare le operazioni necessarie sia in condizioni previste che in condizioni impreviste.
La resilienza organizzativa ci dà indicazioni sulle capacità adattive che consentono a una organizzazione di rispondere al cambiamento in modo efficace, di superare eventi negativi e traumatici al fine di perseguire un adattamento alle richieste dell’ambiente, resistendo con successo a situazioni avverse e imparando così a sviluppare competenze organizzative a partire dalle difficoltà, sia di fronte a cambiamenti (change management) sia davanti ad agenti stressanti di vario tipo (risk management).
La resilienza organizzativa può essere vista semplicemente come “capacità di rimbalzo”, oppure come una qualità che va al di là del semplice “ripristino” per includere lo sviluppo di nuove capacità e nuove opportunità. In quest’ultima accezione un’organizzazione resiliente non solo riesce a sopravvivere, ma è in grado di anticipare, essere preparata e rispondere in modo adeguato ai cambiamenti, cogliendo le opportunità per poter progredire in un ambiente dinamico.
Essere resiliente per un’organizzazione diventa quindi un obiettivo, e se vogliamo, un obbligo sotto il profilo strategico per poter crescere e prosperare negli anni, adottando best practice collaudate all’interno di ogni processo e realizzando una crescita del business attraverso il consolidamento delle competenze in ogni ambito.
Uno dei requisiti essenziali perché un’organizzazione possa definirsi resiliente è senza dubbio l’affidabilità dei suoi processi, che, unitamente all’eccellenza del prodotto e al comportamento del “capitale umano”, sviluppa un senso di fiducia e crea relazioni solide e di lungo termine con gli stakeholder.
I principali domini della resilienza sono essenzialmente tre: quello dell’informazione, quello del supply chain e quello delle attività operative. Creare processi affidabili in questi tre ambiti contribuisce in maniera significativa al raggiungimento della resilienza, intesa non come concetto di mera gestione del rischio, ma come valore che guida l’organizzazione, – nell’ottica di una visione più olistica di successo del business a lungo termine.

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