Cosa può andare storto? È quello che si chiede Alexander Strazmesterov, PMP® senior engineering consultant in BASF, in un articolo pubblicato sulla rivista PM Network di PMI® del corrente mese di Agosto, sottolineando l’importanza di trattare ed implementare le pratiche di gestione del rischio di un’organizzazione come un progetto in sé.
In un’era di rottura come quella presente, le organizzazioni si trovano costantemente nella condizione di dover ridurre le “sorprese”. Nonostante ciò, secondo quanto emerge dal rapporto Pulse of the Profession® del PMI® dell’anno 2017, solo il 60% delle organizzazioni applica sempre o almeno frequentemente pratiche di gestione del rischio.
L’ottimizzazione dell’approccio di gestione dei rischi – prosegue Strazmesterov – costituisce spesso un progetto lungo e complesso. A questo riguardo, l’autore suggerisce dunque sette passi per sviluppare tale progetto e garantirne un’implementazione efficace. Questa la sua “ricetta”:
1. FORMARE UN TEAM DI ESPERTI
Oltre a project manager con una profonda esperienza nelle pratiche di gestione del rischio dell’organizzazione, il team dovrebbe includere stakeholder di tutte le principali discipline del progetto. Il team dovrebbe poi sviluppare un charter e concordare i ruoli e le responsabilità, compreso il modo di coinvolgere i decision maker.
2. STABILIRE UN APPROCCIO PER FASI
A seconda delle dimensioni e della complessità dell’organizzazione e delle altre attività dei membri del team, l’implementazione finale dei nuovi processi di gestione del rischio potrebbe richiedere fino a due anni. Se si prevede un progetto lungo, è importante suddividerlo in fasi. Ciò consente all’alta dirigenza di approvare il lavoro – o apportare le dovute correzioni – in itinere in momenti prestabiliti, piuttosto che alla fine del progetto. Queste fasi potrebbero essere: a. analisi della situazione, b. sviluppo concettuale e dettagliato del nuovo approccio, c. fase pilota, d. finalizzazione dei lavori e degli strumenti procedurali, e. qualificazione e mobilitazione delle risorse per il lancio.
3. ANALIZZARE LA SITUAZIONE CORRENTE
L’analisi della situazione “as is” del team deve essere approfondita e onesta. È necessario passare al setaccio i processi della propria organizzazione, le metodologie applicate e gli strumenti per identificare tutto ciò che non rientra nelle best practice, senza però dimenticare di evidenziare gli aspetti positivi e di successo dell’attuale approccio di gestione del rischio. Oltre a questo tipo di esame per così dire tecnico, è poi importante osservare l’atteggiamento che l’organizzazione ha nei confronti del rischio. Se i nuovi approcci scelti non corrispondono alla cultura dell’organizzazione stessa, il progetto non potrà mai avere successo.
4. COSTRUIRE UN APPROCCIO SU MISURA
Sulla base di questa analisi del gap, definire la corretta gestione dei rischi per i progetti più grandi e più complessi della propria organizzazione. Da lì, scalare man mano i requisiti per adeguarli a progetti sempre più piccoli. Distinguere i processi obbligatori da quelli facoltativi in modo che il nuovo approccio non diventi inutilmente pesante. Ad esempio, l’applicazione di metodologie quantitative sofisticate può essere limitata ai soli progetti critici.
5. FARE UNA PROVA
È opportuno scegliere appropriati progetti pilota su cui possono essere testati elementi del nuovo approccio. Testare precocemente un approccio di gestione dei rischi incompleto permette di avere poi il tempo per risolvere i problemi riscontrati. I pilota iniziali rappresentano anche un’opportunità di coinvolgere esperti esterni o consulenti esterni, ad esempio per l’analisi quantitativa dei rischi. Il loro feedback può aiutare a ottimizzare l’approccio di gestione dei rischi. Infine, i progetti pilota possono contribuire a diffondere la notizia del nuovo approccio adottato dall’organizzazione.
6. SVILUPPARE UN PROGRAMMA DI FORMAZIONE
Il lavoro probabilmente rivelerà lacune di conoscenza generale di gestione del rischio all’interno dell’organizzazione. Anche i dipendenti dovranno essere addestrati sui nuovi processi. È importante osservare e capire di quale formazione specifica necessitino alcuni gruppi di stakeholder e sviluppare il relativo programma formativo. Al riguardo risulta utile dividere il materiale in piccoli pezzi che possono essere applicati immediatamente in un gioco di simulazione. Conviene utilizzare come esempio un progetto di un settore industriale diverso da quello proprio dell’organizzazione per aiutare il personale ad uscire dagli schemi mentali consueti, dai loro vecchi modelli di percezione o di comportamenti rispetto alla gestione dei rischi. I partecipanti sono organizzati in piccoli gruppi di lavoro. Mentre viene portata avanti la formazione sui nuovi processi di rischio, i gruppi di lavoro sono chiamati a registrare i risultati della loro identificazione dei rischi, della valutazione quantitativa dei rischi e della pianificazione della risposta ai rischi in modo che in seguito possano farvi riferimento. Infine, è bene arricchire questi seminari con diversi strumenti, quali ad esempio quiz o video.
7. ASSICURARE UN’IMPLEMENTAZIONE FACILITATA
È buona regola pubblicare la procedura nuova o aggiornata da implementare solo dopo che l’approccio è stato sufficientemente verificato tramite le applicazioni pilota. I primi progetti sottoposti al nuovo approccio di rischio dovrebbero includere workshop sul rischio, condotti magari da membri del team di progetto di valutazione dei rischi. È importante incoraggiare i team di progetto a non percepire questa attività come un ingombrante ostacolo al completamento del progetto, ma piuttosto come un’opportunità per imparare ciò che i facilitatori sperano di riuscire a trasmettere loro riguardo ai rischi del progetto. Mentre va avanti l’implementazione, le risposte e le reazioni forniranno informazioni preziose per migliorare sia il contenuto che le procedure di formazione. Nella corsa quotidiana volta a garantire che i singoli progetti siano completati, è facile trascurare i processi di gestione dei rischi dell’organizzazione nel suo complesso. Ma una ristrutturazione accurata di questi processi può portare beneficio ad ogni singolo progetto che riguarda l’organizzazione – sia adesso che negli anni a venire.
Lo Staff di PME
Cosa può andare storto? È quello che si chiede Alexander Strazmesterov, PMP® senior engineering consultant in BASF, in un articolo pubblicato sulla rivista PM Network di PMI® del corrente mese di Agosto, sottolineando l’importanza di trattare ed implementare le pratiche di gestione del rischio di un’organizzazione come un progetto in sé.
In un’era di rottura come quella presente, le organizzazioni si trovano costantemente nella condizione di dover ridurre le “sorprese”. Nonostante ciò, secondo quanto emerge dal rapporto Pulse of the Profession® del PMI® dell’anno 2017, solo il 60% delle organizzazioni applica sempre o almeno frequentemente pratiche di gestione del rischio.
L’ottimizzazione dell’approccio di gestione dei rischi – prosegue Strazmesterov – costituisce spesso un progetto lungo e complesso. A questo riguardo, l’autore suggerisce dunque sette passi per sviluppare tale progetto e garantirne un’implementazione efficace. Questa la sua “ricetta”:
1. FORMARE UN TEAM DI ESPERTI
Oltre a project manager con una profonda esperienza nelle pratiche di gestione del rischio dell’organizzazione, il team dovrebbe includere stakeholder di tutte le principali discipline del progetto. Il team dovrebbe poi sviluppare un charter e concordare i ruoli e le responsabilità, compreso il modo di coinvolgere i decision maker.
2. STABILIRE UN APPROCCIO PER FASI
A seconda delle dimensioni e della complessità dell’organizzazione e delle altre attività dei membri del team, l’implementazione finale dei nuovi processi di gestione del rischio potrebbe richiedere fino a due anni. Se si prevede un progetto lungo, è importante suddividerlo in fasi. Ciò consente all’alta dirigenza di approvare il lavoro – o apportare le dovute correzioni – in itinere in momenti prestabiliti, piuttosto che alla fine del progetto. Queste fasi potrebbero essere: a. analisi della situazione, b. sviluppo concettuale e dettagliato del nuovo approccio, c. fase pilota, d. finalizzazione dei lavori e degli strumenti procedurali, e. qualificazione e mobilitazione delle risorse per il lancio.
3. ANALIZZARE LA SITUAZIONE CORRENTE
L’analisi della situazione “as is” del team deve essere approfondita e onesta. È necessario passare al setaccio i processi della propria organizzazione, le metodologie applicate e gli strumenti per identificare tutto ciò che non rientra nelle best practice, senza però dimenticare di evidenziare gli aspetti positivi e di successo dell’attuale approccio di gestione del rischio. Oltre a questo tipo di esame per così dire tecnico, è poi importante osservare l’atteggiamento che l’organizzazione ha nei confronti del rischio. Se i nuovi approcci scelti non corrispondono alla cultura dell’organizzazione stessa, il progetto non potrà mai avere successo.
4. COSTRUIRE UN APPROCCIO SU MISURA
Sulla base di questa analisi del gap, definire la corretta gestione dei rischi per i progetti più grandi e più complessi della propria organizzazione. Da lì, scalare man mano i requisiti per adeguarli a progetti sempre più piccoli. Distinguere i processi obbligatori da quelli facoltativi in modo che il nuovo approccio non diventi inutilmente pesante. Ad esempio, l’applicazione di metodologie quantitative sofisticate può essere limitata ai soli progetti critici.
5. FARE UNA PROVA
È opportuno scegliere appropriati progetti pilota su cui possono essere testati elementi del nuovo approccio. Testare precocemente un approccio di gestione dei rischi incompleto permette di avere poi il tempo per risolvere i problemi riscontrati. I pilota iniziali rappresentano anche un’opportunità di coinvolgere esperti esterni o consulenti esterni, ad esempio per l’analisi quantitativa dei rischi. Il loro feedback può aiutare a ottimizzare l’approccio di gestione dei rischi. Infine, i progetti pilota possono contribuire a diffondere la notizia del nuovo approccio adottato dall’organizzazione.
6. SVILUPPARE UN PROGRAMMA DI FORMAZIONE
Il lavoro probabilmente rivelerà lacune di conoscenza generale di gestione del rischio all’interno dell’organizzazione. Anche i dipendenti dovranno essere addestrati sui nuovi processi. È importante osservare e capire di quale formazione specifica necessitino alcuni gruppi di stakeholder e sviluppare il relativo programma formativo. Al riguardo risulta utile dividere il materiale in piccoli pezzi che possono essere applicati immediatamente in un gioco di simulazione. Conviene utilizzare come esempio un progetto di un settore industriale diverso da quello proprio dell’organizzazione per aiutare il personale ad uscire dagli schemi mentali consueti, dai loro vecchi modelli di percezione o di comportamenti rispetto alla gestione dei rischi. I partecipanti sono organizzati in piccoli gruppi di lavoro. Mentre viene portata avanti la formazione sui nuovi processi di rischio, i gruppi di lavoro sono chiamati a registrare i risultati della loro identificazione dei rischi, della valutazione quantitativa dei rischi e della pianificazione della risposta ai rischi in modo che in seguito possano farvi riferimento. Infine, è bene arricchire questi seminari con diversi strumenti, quali ad esempio quiz o video.
7. ASSICURARE UN’IMPLEMENTAZIONE FACILITATA
È buona regola pubblicare la procedura nuova o aggiornata da implementare solo dopo che l’approccio è stato sufficientemente verificato tramite le applicazioni pilota. I primi progetti sottoposti al nuovo approccio di rischio dovrebbero includere workshop sul rischio, condotti magari da membri del team di progetto di valutazione dei rischi. È importante incoraggiare i team di progetto a non percepire questa attività come un ingombrante ostacolo al completamento del progetto, ma piuttosto come un’opportunità per imparare ciò che i facilitatori sperano di riuscire a trasmettere loro riguardo ai rischi del progetto. Mentre va avanti l’implementazione, le risposte e le reazioni forniranno informazioni preziose per migliorare sia il contenuto che le procedure di formazione. Nella corsa quotidiana volta a garantire che i singoli progetti siano completati, è facile trascurare i processi di gestione dei rischi dell’organizzazione nel suo complesso. Ma una ristrutturazione accurata di questi processi può portare beneficio ad ogni singolo progetto che riguarda l’organizzazione – sia adesso che negli anni a venire.
Lo Staff di PME