Tutti siamo – o dovremmo essere – consapevoli del fatto che la creatività riveste un ruolo cruciale nell’ambiente di lavoro, ma al tempo stesso che, nel mettere in atto le nostre idee e iniziative, dovremo immancabilmente fare i conti con dei vincoli, dei limiti, delle restrizioni. Bene, se siete alle prese con un progetto con i suoi inevitabili vincoli, sia esso la realizzazione di un nuovo prodotto o servizio o la trasformazione del vostro modo di lavorare in contesti più o meno complessi, oppure lo sviluppo di un nuovo business o anche la semplice realizzazione di un cv efficace se vi state immettendo nel mondo del lavoro, vi consigliamo vivamente di dare un occhiata al sito whentheboxisthelimit(1) di Walter Vandervelde, un vero e proprio guru della business creativity.
Da tempo gli innovatori sostengono che i vincoli stimolano o guidano il processo di creatività e innovazione. Quando ci si trova di fronte ad un vincolo o una restrizione che costituisce il limite (per voler tradurre la più pregnante espressione inglese “when the box is the limit”), la creatività viene in superficie organicamente come la soluzione più naturale. Ed è per questo che le restrizioni e i vincoli non dovrebbero mai essere una ragione per non innovare e non fare. Spesso è vero il contrario: accelerano la creatività, che costituisce la forza trainante dell’innovazione. Il segreto è quindi trovare il modo di utilizzare i vincoli, siano essi ‘naturali’ o auto-imposti, a vantaggio della creatività e dell’innovazione.
Come premessa, c’è forse da sfatare qualche falso preconcetto sulla creatività, come il fatto che abbia a che fare solo con l’arte, che sia una sorta di ispirazione ‘divina’, che sia solo appannaggio di pochi eletti,  che presupponga una libertà illimitata di azione. Al contrario, bisogna aver chiaro che la creatività riguarda tutti i campi dell’agire umano, di cui l’arte è solo una delle tante espressioni, che  è un processo controllabile e non un lampo improvviso e/o casuale, che tutti hanno un potenziale di creatività che possono migliorare con l’esperienza e la pratica, e infine che si è più creativi quando si è chiamati ad affrontare e/o superare vincoli e ostacoli.
Ernest Hemingway ha ‘dimostrato’, ad esempio, che è possibile scrivere una storia con un’efficacia e una potenza espressiva pari – se non superiore – ad un lungo racconto avendo come vincolo l’utilizzo di sole sei parole: “For sale: baby shoes never worn”. Dietro l’apparentemente banale annuncio della messa in vendita di un paio di scarpe da bambino mai indossate c’è il racconto di un dramma, di un dolore, di una vita spezzata o forse mai iniziata, un bambino che non è mai arrivato o che non c’è più, la necessità di liberarsi dal ricordo doloroso; oppure la ‘storia’ potrebbe portare in un’altra direzione, potrebbe essere che il bambino c’è ancora, ma che per motivi sopravvenuti la famiglia ha bisogno urgente di denaro, a tal punto da vendere tutto ciò che diventa superfluo, come un paio di scarpe mai usate e quindi come nuove. Insomma, nel perimetro del poco ma essenziale detto, la fantasia e creatività di tutte le possibili implicazioni non dette si esprimono per assurdo al loro massimo.
I vincoli possono dunque dare un contributo significativo allo sviluppo di idee innovative e di successo innanzitutto perché costituiscono un punto di partenza; poi perché creano una sorta di comfort zone (come se il ‘recinto’, il ‘box’, ci proteggesse da pericoli esterni); infine perché il dover affrontare, aggirare, superare un ‘ostacolo’ fornisce un obiettivo chiaro a cui puntare e permette quindi di essere più focalizzati.
Qui entra in gioco il sito cui si è accennato sopra, ove sono suggerite una serie di tecniche per gestire con successo i vincoli e le restrizioni e trasformarli in un volano per il pensiero creativo.
Una tecnica molto stimolante è il “Tree of trade”. Si parte dall’esame degli elementi essenziali che mancano per far partire l’iniziativa (‘missing essentials’, che costituiscono le radici dell’albero). Ad esempio, ipotizziamo di voler aprire un ristorante ma di non potere o volere (il vincolo, come detto può essere anche auto-imposto) ricorrere al cuoco e al personale di cucina. Da questo elemento mancante risaliamo, come attraverso il tronco di un albero, all’esigenza correlata (‘related need’) che dobbiamo soddisfare in maniera alternativa: in questo caso l’esigenza sarà la preparazione del cibo. La necessità di soddisfare in modo alternativo un’esigenza fondamentale per un ristorante quale quella della preparazione del cibo dà il via non semplicemente ad un nuovo ristorante, ma proprio ad un nuovo tipo di ristorante. Da qui si dipartiranno come dei rami tutte le possibili alternative che possiamo pensare per soddisfare l’esigenza di preparare il cibo senza avere né il cuoco né lo staff di cucina: ad esempio il ricorso a robot, oppure la possibilità che siano gli stessi clienti a preparare il cibo, o ancora che il ristorante venda solo cibi già pronti. Per ognuna di queste alternative ci saranno poi tante foglie quante saranno le possibili traduzioni dell’alternativa in qualcosa di ‘funzionante’. Ad esempio, l’alternativa ‘ i clienti preparano essi stessi il cibo’, si potrebbe tradurre in: a. il cliente si porta da casa il cibo, b. il cliente cucina il cibo da sé presso il ristorante utilizzando la cucina e gli ingredienti forniti, c. il cliente cucina da sé il cibo usando dei tutorial o video di istruzioni forniti dal ristorante, ecc.
Un’altra tecnica interessante è quella che viene chiamata ‘The river’. Si suppone di voler o dover andare dal punto A al punto B (il nostro progetto, l’as is e il to be), ma di incontrare inaspettatamente sul nostro percorso un fiume impetuoso (il nostro ostacolo o vincolo metaforico). Cosa possiamo fare? Ebbene questa tecnica fornisce sei possibili opzioni per affrontare l’ostacolo:
a. Swim the river: Siamo abbastanza coraggiosi da nuotare nel fiume, da soli o insieme a qualcun altro?
b. Bridge the river: Abbiamo le competenze e le risorse per costruire un ponte sul fiume?
c. Block the river: Siamo abbastanza persuasivi e perseveranti da riuscire a fermare il fiume temporaneamente o per sempre?
d. Bypass the river: Abbiamo la pazienza e il tempo di camminare intorno al fiume e aggirarlo?
e. Sail the river: siamo abbastanza avventurosi da navigare sul fiume?
f. Fish the river: abbiamo la mentalità flessibile e creativa per accettare il fiume e usarlo per pescare?
Un esempio di questa ultima opzione potrebbe essere quello di sfruttare il nostro vincolo o limite (reale o percepito come tale) come elemento di distinzione. È quello che fece ad esempio la Volkswagen quando all’inizio degli anni ’50 si presentò sul mercato statunitense con il ‘Maggiolino’. Oltre alle problematiche legate alla generale ostilità verso la Germania negli anni del dopoguerra, l’ostacolo specifico (che appunto fu affrontato dalla casa automobilistica tedesca come una sfida creativa) era dato dalle ridotte dimensioni del veicolo in rapporto a quelle notoriamente molto grandi delle automobili americane. L’idea fu quella appunto di ‘pescare nel fiume’, utilizzando anche l’arma dell’ironia per evidenziare l’unicità e la specialità del proprio prodotto, improntando una campagna pubblicitaria che metteva in luce tutti i vantaggi ‘alternativi’ di avere una macchina di piccole dimensioni. Ad esempio, un cartellone pubblicitario mostrava un uomo che spingeva un maggiolino con un testo che recitava: “Se rimani senza benzina farai molta meno fatica a spingerla”.
Esiste una tecnica molto efficace anche per chi si trova a dover fare i conti con vincoli come la mancanza di risorse economiche, tecnologiche o umane con le competenze necessarie (a livello macro possiamo pensare ai paesi più poveri, ma nel piccolo è applicabile a qualsiasi situazione), ma non vuole rinunciare a innovare, a lanciarsi in una iniziativa. Si tratta del “Frugalizor”, che individua 12 meccanismi per la c.d. innovazione frugale. Alle tecniche fin qui brevemente illustrate si aggiungono poi il “Propeller” e il “Casual constraint contest”, un vero e proprio gioco collaborativo – molto in linea con gli approcci di Project Management Agile – di cui, come per tutte le altre tecniche è possibile approfondire i meccanismi di funzionamento andando sul sito di Vandervelde(2).
In conclusione, il messaggio è chiaro: non disperarsi di fronte ai vincoli e alle restrizioni con cui inevitabilmente e quotidianamente si devono fare i conti nella vita lavorativa, ma al contrario usare questi vincoli limitanti come leva della propria creatività e, in ultima analisi, del successo delle proprie iniziative.

Lo Staff di PME

Tutti siamo – o dovremmo essere – consapevoli del fatto che la creatività riveste un ruolo cruciale nell’ambiente di lavoro, ma al tempo stesso che, nel mettere in atto le nostre idee e iniziative, dovremo immancabilmente fare i conti con dei vincoli, dei limiti, delle restrizioni. Bene, se siete alle prese con un progetto con i suoi inevitabili vincoli, sia esso la realizzazione di un nuovo prodotto o servizio o la trasformazione del vostro modo di lavorare in contesti più o meno complessi, oppure lo sviluppo di un nuovo business o anche la semplice realizzazione di un cv efficace se vi state immettendo nel mondo del lavoro, vi consigliamo vivamente di dare un occhiata al sito whentheboxisthelimit(1) di Walter Vandervelde, un vero e proprio guru della business creativity.
Da tempo gli innovatori sostengono che i vincoli stimolano o guidano il processo di creatività e innovazione. Quando ci si trova di fronte ad un vincolo o una restrizione che costituisce il limite (per voler tradurre la più pregnante espressione inglese “when the box is the limit”), la creatività viene in superficie organicamente come la soluzione più naturale. Ed è per questo che le restrizioni e i vincoli non dovrebbero mai essere una ragione per non innovare e non fare. Spesso è vero il contrario: accelerano la creatività, che costituisce la forza trainante dell’innovazione. Il segreto è quindi trovare il modo di utilizzare i vincoli, siano essi ‘naturali’ o auto-imposti, a vantaggio della creatività e dell’innovazione.
Come premessa, c’è forse da sfatare qualche falso preconcetto sulla creatività, come il fatto che abbia a che fare solo con l’arte, che sia una sorta di ispirazione ‘divina’, che sia solo appannaggio di pochi eletti,  che presupponga una libertà illimitata di azione. Al contrario, bisogna aver chiaro che la creatività riguarda tutti i campi dell’agire umano, di cui l’arte è solo una delle tante espressioni, che  è un processo controllabile e non un lampo improvviso e/o casuale, che tutti hanno un potenziale di creatività che possono migliorare con l’esperienza e la pratica, e infine che si è più creativi quando si è chiamati ad affrontare e/o superare vincoli e ostacoli.
Ernest Hemingway ha ‘dimostrato’, ad esempio, che è possibile scrivere una storia con un’efficacia e una potenza espressiva pari – se non superiore – ad un lungo racconto avendo come vincolo l’utilizzo di sole sei parole: “For sale: baby shoes never worn”. Dietro l’apparentemente banale annuncio della messa in vendita di un paio di scarpe da bambino mai indossate c’è il racconto di un dramma, di un dolore, di una vita spezzata o forse mai iniziata, un bambino che non è mai arrivato o che non c’è più, la necessità di liberarsi dal ricordo doloroso; oppure la ‘storia’ potrebbe portare in un’altra direzione, potrebbe essere che il bambino c’è ancora, ma che per motivi sopravvenuti la famiglia ha bisogno urgente di denaro, a tal punto da vendere tutto ciò che diventa superfluo, come un paio di scarpe mai usate e quindi come nuove. Insomma, nel perimetro del poco ma essenziale detto, la fantasia e creatività di tutte le possibili implicazioni non dette si esprimono per assurdo al loro massimo.
I vincoli possono dunque dare un contributo significativo allo sviluppo di idee innovative e di successo innanzitutto perché costituiscono un punto di partenza; poi perché creano una sorta di comfort zone (come se il ‘recinto’, il ‘box’, ci proteggesse da pericoli esterni); infine perché il dover affrontare, aggirare, superare un ‘ostacolo’ fornisce un obiettivo chiaro a cui puntare e permette quindi di essere più focalizzati.
Qui entra in gioco il sito cui si è accennato sopra, ove sono suggerite una serie di tecniche per gestire con successo i vincoli e le restrizioni e trasformarli in un volano per il pensiero creativo.
Una tecnica molto stimolante è il “Tree of trade”. Si parte dall’esame degli elementi essenziali che mancano per far partire l’iniziativa (‘missing essentials’, che costituiscono le radici dell’albero). Ad esempio, ipotizziamo di voler aprire un ristorante ma di non potere o volere (il vincolo, come detto può essere anche auto-imposto) ricorrere al cuoco e al personale di cucina. Da questo elemento mancante risaliamo, come attraverso il tronco di un albero, all’esigenza correlata (‘related need’) che dobbiamo soddisfare in maniera alternativa: in questo caso l’esigenza sarà la preparazione del cibo. La necessità di soddisfare in modo alternativo un’esigenza fondamentale per un ristorante quale quella della preparazione del cibo dà il via non semplicemente ad un nuovo ristorante, ma proprio ad un nuovo tipo di ristorante. Da qui si dipartiranno come dei rami tutte le possibili alternative che possiamo pensare per soddisfare l’esigenza di preparare il cibo senza avere né il cuoco né lo staff di cucina: ad esempio il ricorso a robot, oppure la possibilità che siano gli stessi clienti a preparare il cibo, o ancora che il ristorante venda solo cibi già pronti. Per ognuna di queste alternative ci saranno poi tante foglie quante saranno le possibili traduzioni dell’alternativa in qualcosa di ‘funzionante’. Ad esempio, l’alternativa ‘ i clienti preparano essi stessi il cibo’, si potrebbe tradurre in: a. il cliente si porta da casa il cibo, b. il cliente cucina il cibo da sé presso il ristorante utilizzando la cucina e gli ingredienti forniti, c. il cliente cucina da sé il cibo usando dei tutorial o video di istruzioni forniti dal ristorante, ecc.
Un’altra tecnica interessante è quella che viene chiamata ‘The river’. Si suppone di voler o dover andare dal punto A al punto B (il nostro progetto, l’as is e il to be), ma di incontrare inaspettatamente sul nostro percorso un fiume impetuoso (il nostro ostacolo o vincolo metaforico). Cosa possiamo fare? Ebbene questa tecnica fornisce sei possibili opzioni per affrontare l’ostacolo:
a. Swim the river: Siamo abbastanza coraggiosi da nuotare nel fiume, da soli o insieme a qualcun altro?
b. Bridge the river: Abbiamo le competenze e le risorse per costruire un ponte sul fiume?
c. Block the river: Siamo abbastanza persuasivi e perseveranti da riuscire a fermare il fiume temporaneamente o per sempre?
d. Bypass the river: Abbiamo la pazienza e il tempo di camminare intorno al fiume e aggirarlo?
e. Sail the river: siamo abbastanza avventurosi da navigare sul fiume?
f. Fish the river: abbiamo la mentalità flessibile e creativa per accettare il fiume e usarlo per pescare?
Un esempio di questa ultima opzione potrebbe essere quello di sfruttare il nostro vincolo o limite (reale o percepito come tale) come elemento di distinzione. È quello che fece ad esempio la Volkswagen quando all’inizio degli anni ’50 si presentò sul mercato statunitense con il ‘Maggiolino’. Oltre alle problematiche legate alla generale ostilità verso la Germania negli anni del dopoguerra, l’ostacolo specifico (che appunto fu affrontato dalla casa automobilistica tedesca come una sfida creativa) era dato dalle ridotte dimensioni del veicolo in rapporto a quelle notoriamente molto grandi delle automobili americane. L’idea fu quella appunto di ‘pescare nel fiume’, utilizzando anche l’arma dell’ironia per evidenziare l’unicità e la specialità del proprio prodotto, improntando una campagna pubblicitaria che metteva in luce tutti i vantaggi ‘alternativi’ di avere una macchina di piccole dimensioni. Ad esempio, un cartellone pubblicitario mostrava un uomo che spingeva un maggiolino con un testo che recitava: “Se rimani senza benzina farai molta meno fatica a spingerla”.
Esiste una tecnica molto efficace anche per chi si trova a dover fare i conti con vincoli come la mancanza di risorse economiche, tecnologiche o umane con le competenze necessarie (a livello macro possiamo pensare ai paesi più poveri, ma nel piccolo è applicabile a qualsiasi situazione), ma non vuole rinunciare a innovare, a lanciarsi in una iniziativa. Si tratta del “Frugalizor”, che individua 12 meccanismi per la c.d. innovazione frugale. Alle tecniche fin qui brevemente illustrate si aggiungono poi il “Propeller” e il “Casual constraint contest”, un vero e proprio gioco collaborativo – molto in linea con gli approcci di Project Management Agile – di cui, come per tutte le altre tecniche è possibile approfondire i meccanismi di funzionamento andando sul sito di Vandervelde(2).
In conclusione, il messaggio è chiaro: non disperarsi di fronte ai vincoli e alle restrizioni con cui inevitabilmente e quotidianamente si devono fare i conti nella vita lavorativa, ma al contrario usare questi vincoli limitanti come leva della propria creatività e, in ultima analisi, del successo delle proprie iniziative.

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